L’ANGOLO LETTERARIO DEI SOCI

Racconti e poesie


Paolo Volpei: Liceo Classico prima ed Ingegneria chimica dopo; come pare lontano quel Novembre del 1948, che vide i miei natali! Poi, un giorno, non so bene come, qualcosa scattò, improvviso, nella mia anima e da lontano, da molto lontano nel tempo, riemersero versi e ritmi che credevo, ormai, dimenticati per sempre. Ritrovai il ritmo scandito di Titiro, i virenti corimbi d’edera di Meleagro, la verde caligine dei boschi ed il regno di Undulna di Dannunzio, l’ora di Barga, con i sottili brusii di quelle reste di grano e quegli stormi di uccelli neri, che narravano, ancora, nelle nebbie ovattate del tempo, dei miei esuli pensieri. Fu allora che compresi che, finalmente, avevo ritrovato quella via, smarrita sotto i miei troppi cieli senza stelle. Forse, avevo intuito, anche se, solo per un fuggevole istante, tutta la magia e la forza di un verso, capace di creare armonia e di donare gioia e vita. Compresi allora che anch’io, senza saperlo, avevo fatto parte dei bimbi smarriti di quell’isola che non c’è e nel sacchetto di biglie di vetro colorato, che credevo perdute, avevo finalmente ritrovato quell’ultimo tassello, che completava il mosaico della mia felicità. Fu l’inizio e fu poesia!





 

Associazione
Circolo della Cultura del Bello
Sacile

Sposi


Alte volano ora,

tra comignoli

e guglie,

allegre di festa

le voci,

come garrule

rondini in volo

e sul broccato

di questo

cielo lontano,

nuova brilla ora

una stella.

D’oro rifulge,

dei vostri nomi

lucente

nell’infinito

libro della Vita.

Alti si levino, ora

di dorate uve

gli ambrati calici

e l’augurio

di Vita e d’Amore,

gioioso

sovrasti ogni

voce di festa

che, lieta

s’innalza nel cielo.

Giorni verranno

poi, sempre

più nuovi

e passeranno;

resta l’Amore.


Paolo Volpe

05.04.2007





Acqua


Acqua che amorfa ed eterna

resti da sempre uguale ed

identica in te, eppur muta

e fluente partecipe

del tempo infinito,

raccontami ora del cielo

e del mare, del liquido andare

del placido fiume e di fresche

sorgenti lontane, di piogge e uragani

e dell’urlo tremendo dei venti;

in te vita e morte di mille

foreste, perdute nel tempo

ritrovo e d’uomini antichi ed

immemori, trascorsi su

questo misero grano di terra;


di tutti partecipe ed intima,

generosa essenza vitale,

racchiudi salate e lucenti, lor stille

infinite di gioia e dolore, di sangue

e fatica, di duro, afroso sudore;


ma d’un bacio il profumo

e d’eburneo latte di madre

il dolce calore hai pure raccolto.

E mentre ora scorri veloce,

fresca tra le mie mani, in


questo mio tempo distratto,

pure, sei parte di me;

Sento che ancora

l’immagine e l’ombra odorosa

del pino, gelosa contieni;


in te ancora ritrovo il fruscìo

lucente del sole che sorge,
di foglie perdute e di un fiore l’essenza sottile,

dell’arco del cielo i sette colori e

stellati, algidi fiocchi di neve.


In te il fragore assordante

d’audaci cascate e della risacca

il salso profumo del mare risento,

come il rombo tremendo del tuono

e la tinnula goccia nel buio del bosco;


perle, poi, scintillanti raccogli

di fresche mattutine rugiade;

della fontana l’allegro gocciare

mai domo e, tra le rocce, del torrente

impetuoso il tortuoso rombare.


E prima che ancora tu vada lontano,

portando con te le tracce di questa

mio vivere  ignaro, so che anche di me, ad altri,
che ancora verranno, or parlare saprai,
nel tuo eterno, fluire infinito.


Paolo Volpe

Sacile, 02.10.2004





Tema


Giorni che volano via,

come foglie impazzite,

mi fanno sentire tradito.


Il vento sottile del tempo

schiaffeggia, impietoso,

il mio viso ridente di ieri


e ogni schiaffo mi scava

la pelle; è un solco, una ruga,

un segno indelebile di


calligrafia, sul foglio, già

colmo di pieghe, della mia vita.

Ed è lì, allo specchio, che


ancora rileggo i miei giorni…

passi che ormai sono andati

troppo veloci, senz’altro ritorno.


Nessuno corregge gli errori

e la bella e la brutta ti

restano dentro, nel tema già


svolto e compiuto, che ancor

rivedere vorresti, ma che,

ormai, sta volgendo alla fine.


Nulla so del giudizio, o del

voto finale; solo speme

ripongo, fidente, nel Grande


Maestro, che causa d’errore

comprenda e, generoso,

il mio vivere perso, perdoni.


Paolo Volpe

Sacile, 14.02.2004




Gorgazzo


E’ lì che nasce il mio fiume:

nell’ acqua azzurra e profonda

ove il placido gorgo accarezza


ed acconcia l’alga del fondo

che, morbida chioma,

da liquido vento par mossa.


Lì, foglie già stanche e ormai sole

narrano, lievi danzando nell’acqua,

sussurri che furon di vento tra i lecci.


Lì ritrovo l’arcana Liquentia, (*)

già dono di tempi perduti e di dei,

perenne mistero, solenne e silente,


d’algide nevi lontane, limpida essenza.

Guglie di bosco, che l’acqua rimira,

ritagliano neri merletti di cielo lontano


e l’animo affranto, or pago riposa,

nella fresca e profonda bellezza

di tempo e di spazio, ch’altrove non c’è.



Paolo Volpe

Sacile, 27.01.2003


(*) Antico nome del fiume Livenza

in epoca medioevale.-





Neve


Non posso staccarmi dal vetro:

assente da tempo, oggi

è tornata a fioccare la neve!


M’ha sorpreso ancora,

con l’antico stupore

del suo bianco silenzio


e pare che tutto

si sia, di colpo, fermato

a sognare il calore, celato dai tetti,


che le stanche volute di fumo,

d’un occhiuto camino,

invece, disvelano lente!


Anche i pensieri diventano neve,

ondeggiano lievi, quasi

indugiando, nel cielo dell’anima,


come quei fiocchi, che pigri

discendono, infine, a coprire

azzurre le ombre del giorno.


Sogni e dolci pensieri

distesi nel tempo,

placidi e grati ricordi


d’un caldo cantuccio raccolto,

d’antichi e semplici giochi,

di sempre eppur d’oggi,


di sicure armonie già paghi

d’una voce suadente

e d’uno sguardo di madre.


La luce puntuta del cielo

ogni ombra azzurrina cancella,

ma ancora tradisce


del passero l’orma

sul bordo innevato che,

caldo piumino,


pare proteggere

il colmo del muro,

che l’edera antica raccoglie.


Anch’io vorrei trovarmi là

fuori, a sfida col freddo,

a scrivere impronte di neve nel tempo,


tra volute di freschi respiri,

che pensieri e parole già svelano;

ma poi ci ripenso,


preferisco restarmene qui,

ove ascolto, in silenzio, l’ora

che ancora più lenta trascorre.


Sussurri e profumi assaporo

del fuoco, che già  del grato

croccare del pane è promessa


mentre sogno, prigioniero

d’un libro incantato, epoche antiche

e remoti luoghi perduti,


che mi trascinano via, lontano,

con la forza d’un lieve pensiero,

grato ed antico, come questo


mio tempo, che, ormai, s’è fermato

anche lui, qui, con me,

dietro il vetro.



Paolo Volpe

Sacile, 09.01.2003

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